Scommessa sul futuro
È facile scommettere in un futuro che non c’è mai stato. Non c’è una dimostrabilità dei fatti, ci sono solo illazioni e strane teorie.
Tuttavia, alle volte mi chiedo come sarebbe andata nella mia
famiglia se per caso io fossi nato prima di Andrea. Nell’immaginarmi un futuro
dove ora io avrei i suoi quarantasette anni e mio fratello i miei quarantadue
credo che il presente non sarebbe stato così diverso da come è.
Io sposato, separato con un figlio, mentre lui sarebbe a casa con
i nostri genitori a cercare di non impazzire dietro mamma e papà con i loro
problemi di salute.
Quella che credo invece sarebbe stata diversa sarebbe stata la
nostra infanzia, perché fin da quando ho memoria non ho mai capito cosa ci
fosse dietro alla sofferenza di mio fratello. E
a maggior ragione non ho mai capito perché proprio a me fosse toccato uno come lui.
Oggi, fortunatamente non la penso più così.
In fondo, a pensarci bene, chi sono io per meritarmi o non
meritarmi qualcosa o qualcuno?
Proprio nessuno. Uno
stronzo come tanti che trascina la sua esistenza cercando di godersi l’attimo
in cui qualcuno gli regala bellezza e che cerca di regalarne a sua volta.
E non che tentare di dare bellezza ad Andrea mi sia mai costato
tanto, perché lui era il mio fratellone nonostante tutto. Quello dalle cui
labbra io pendevo sempre. Quello che sapeva che videogiochi giocare, e che
faceva le impennate più alte con la bicicletta. Quello che, con i suoi amici,
metteva il culo nelle pedate più grosse, e riusciva sempre a farla franca. Ed
era bello avere un fratello così. Perché era il più fico dell’universo.
Poi nel tempo lo avrei capito, che lui non è mai stato chissà che
come esempio da seguire.
Sicuramente posso dire una cosa con una certezza quasi matematica: io al posto suo non gli avrei dato tutte quelle botte.
Cristo Dio, quante me ne ha date. A cominciare da quello scarpone volato nella mia culla poco dopo che ero nato deviandomi il setto nasale, io non sarei riuscito mai e poi mai ad essere così violento con un fratello piccolo per il puro gusto di esercitare una forza o la mia rabbia su qualcuno.
Cristo Dio, quante me ne ha date. A cominciare da quello scarpone volato nella mia culla poco dopo che ero nato deviandomi il setto nasale, io non sarei riuscito mai e poi mai ad essere così violento con un fratello piccolo per il puro gusto di esercitare una forza o la mia rabbia su qualcuno.
Ma lui è sempre stato così; incapace di provare empatia per
qualcuno o rimorso per quello che faceva. E da bambini, lo si sa; si è
semplicemente perfidi quando la vita fa di tutto per metterti i bastoni fra le
ruote. E quel bastone era mamma, che con la violenza della sua ira ci ha
educato ad esercitare la rabbia sugli altri fin da piccoli, prima con il
contagocce quando eravamo troppo indifesi, e poi a secchiate quando non
sarebbero restati i segni troppo a lungo.
Per fortuna che nel mio caso c’era nonna a mitigare i toni in
casa, e inconsapevolmente avrei subito capito che lei era la salvezza. Grazie a
lei imparai che l’autorevolezza vince sull’autorità. E la sua dolcezza, tutta
la bellezza che lei mi ha lasciato mi fa appunto pensare che se
fossi nato prima di mio fratello certe cose non le avrei semplicemente fatte.
Ed a ripensarci oggi, forse le botte erano l’ultimo dei miei
problemi con lui. Certo. Alle volte mi soffermo a pensare che forse, se oggi ho
un minimo di integrità o di spina dorsale che mi permette di alzare la testa in
momenti giusti o sbagliati che siano, forse lo devo anche a lui.
Mi piacerebbe riuscire a perdonarlo per questo, e non escludo che magari un giorno riuscirò a farlo. Ci sono volte in cui ancora adesso spererei di riuscire a scrutare nei suoi occhi la speranza che tutto può ancora cambiare, ma il nostro retaggio, i nostri percorsi così uguali e diversi al tempo stesso, mi fanno semplicemente credere che a questo punto lui non abbia più orecchie per sentire e nemmeno occhi per guardare la bellezza che ancora oggi saprei dargli.
Mi piacerebbe riuscire a perdonarlo per questo, e non escludo che magari un giorno riuscirò a farlo. Ci sono volte in cui ancora adesso spererei di riuscire a scrutare nei suoi occhi la speranza che tutto può ancora cambiare, ma il nostro retaggio, i nostri percorsi così uguali e diversi al tempo stesso, mi fanno semplicemente credere che a questo punto lui non abbia più orecchie per sentire e nemmeno occhi per guardare la bellezza che ancora oggi saprei dargli.
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