Da crepare dalle risate

Mio padre se ne è andato. Doveva succedere? Si. Era inevitabile. Magari non avrei voluto che fosse il covid a portarselo via, ma a guardare il lato positivo c’è da dire che almeno è durato poco.

Sorvolerò sull’altissima considerazione che ho avuto di lui. Sorvolerò sul fatto che da oggi, quando avrò dubbi, mi chiederò come avrebbe fatto lui, ancora più di prima.

Per anni mi sono chiesto come facesse a ricordarsi di pagare tutto, o a farsi rimborsare dallo stato tutti quei soldi, o ancora a essere il programmatore che io non saprei diventare in dodici vite, ma soprattutto quello che gli chiederei è come ha fatto a sopportare me e mio fratello, dandoci un’esistenza dignitosa in cui non ci è mai mancato nulla.

Ecco: forse gli chiederei proprio questo, pensando a quando guarderò mio figlio negli occhi la prossima volta: Come farò ad essere un riferimento per il mio Federico, visto che ogni volta che ho avuto paura, a modo tuo tu hai saputo darmi una risposta o farmi avere ciò di cui avevo bisogno?

La verità forse, ma questo papà me lo ha saputo spiegare più con i suoi occhi che con le parole, è che le risposte con me non le aveva nemmeno lui. 

Ed è forse quello il suo lascito più grande; perché forse, oggi quello che mi fa trovare le risposte alle domande di mio figlio è l’affetto smisurato che a suo tempo gli ha dato la forza di tirare avanti, anche nei momenti più difficili, e dio mi scampi ce ne sono stati.

Perché la verità la capisci quando tocca a te darle le risposte, e solo allora capisci quanto sia costato ai tuoi genitori dirti tutto, anche quando è stato troppo difficile farlo.

Ecco, papà, mi piace pensare che alla fine, per quanto siamo stati due padri tanto diversi nelle scelte e nei contesti in cui ci siamo trovati ad esserlo, abbiamo imparato a parlarci con lo sguardo.

Quello è stato il nostro momento più alto, in cui mi hai passato il testimone e hai completato la mia formazione di uomo ancora prima che di padre di mio figlio.

Quando ho imparato a ringraziarti per tutto quello che non avevo saputo apprezzare.

Quando hai continuato a darmi anche quando la tua salute avrebbe dovuto far guardare a tè stesso e a quello che ti restava da vivere.

Quando ho imparato a comprendere e perdonare i tuoi errori, con la speranza che un giorno, magari anche mio figlio riesca a perdonare i miei.

Oggi sei morto da solo e io non sono riuscito ad ascoltare la tua voce, perché non era possibile farlo, perché al telefono non saresti riuscito a rispondermi.

Mi sarebbe piaciuto sentirti un’ultima volta, però. Una in cui dal letto dell’ospedale saresti riuscito a prendere il tuo smartphone, e dopo esserti tolto inavvertitamente e di riflesso la maschera dell’ossigeno mi avresti detto che fino all’ultimo istante ti stavo rompendo le palle.

Sarebbe stato un finale con il botto. Da crepare dalle risate.

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